PICCOLO EXCURSUS SULL’UCRAINA

2 marzo 2022

Gran parte dei motivi che hanno portato alla crisi in Ucraina risiede nella storia che Russia e Ucraina in parte condividono, e nei diversi modi in cui si percepiscono l’un l’altra. Capire la storia dell’Ucraina , così come la sua geografia, è quindi particolarmente importante per interpretare cosa sta succedendo.
I primi passi verso un’idea di quello che noi chiamiamo oggi Ucraina sono rappresentati  dalle migrazioni e dagli insediamenti dei Neanderthal, all’incirca 50mila anni fa, nelle zone a nord del Mar Nero. Successivamente le regioni più interessate dagli insediamenti furono soprattutto tre: quella costiera sul mar Nero, dove poi sarebbero state costruite le prime colonie greche nel VII secolo a.C., le steppe orientali e le foreste centrali e occidentali.

Il grande storico Erodoto si occupa di quelle zone, nel V secolo a.c. Tuttavia i greci sapevano poco di ciò che esisteva oltre la zona costiera del mar Nero, perciò, nelle sue ” Storie”, definisce i popoli che abitano in quelle regioni come ” barbari”. Questa parola, che magari lo storico aveva scritto con leggerezza, porrà le basi alla formazione della cosiddetta identità di ciò che noi oggi chiamiamo Occidente, in contrapposizione ad una frontiera orientale che appariva lontana, oscura e sconosciuta.

Nei secoli successivi, l’odierna Ucraina diventa terra di passaggio per varie altre popolazioni nomadi e seminomadi, dai goti provenienti dall’area baltica passando per gli unni, i bulgari e i peceneghi (una popolazione di ascendenza turca). Nel frattempo, tra il V e il VI secolo d.C., cominciano a migrare in queste zone anche le prime popolazioni slave, stanziandosi nell’odierna Ucraina settentrionale e occidentale.

Gli slavi erano principalmente agricoltori e allevatori, ma si dedicavano anche ad altre attività, come la lavorazione dei tessuti e della ceramica. Sono i costruttori anche dei primi insediamenti fortificati che poi sarebbero diventate importanti città, tra cui anche Kiev.
I secoli passano e, grazie anche al contributo dei variaghi (vichinghi) provenienti dalla Scandinavia, l’importanza di Kiev cresce sempre più, fino a diventare il centro di uno stato medievale ancora oggi oggetto di controversie. Gli storici ottocenteschi chiamarono questo stato la Rus’ di Kiev, composto da una serie di principati che ruotavano attorno a Kiev e che coprivano un territorio vastissimo, che partiva dal mar Nero e arrivava fino alla Finlandia. Tuttavia la parola stato può essere forviante; non aveva nulla in comune con i nostri Stati moderni: si trattava piuttosto di un insieme di entità statali separate, con legami più o meno stretti tra di loro, però sprovviste di istituzioni politiche centrali.

Il picco della potenza della Rus’ di Kiev si ha intorno all’anno 1000, con i due regni di Volodymyr di Kiev (San Vladimiro) e Yaroslav il Saggio, che per primo introduce un codice di leggi nel mondo slavo. Dopo la sua morte, la Rus’ attraversa una lunga fase di declino causata anche dalle invasioni dei mongoli ad est e col tempo, i territori che appartenevano alla Rus’ finiscono sotto il dominio del Granducato di Lituania prima e della Confederazione polacco-lituana poi.
Il problema dell’eredità storica della Rus’ di Kiev riecheggia fino ai nostri giorni: Ucraina e Russia sono un’entità unica, come nella visione nazionalistica di Putin, oppure l’Ucraina ha una storia e una cultura a se stante e quindi è giusto il nazionalismo ucraino?
La questione rimane senza risposte: Yaroslav viene reclamato come parte della propria identità nazionale sia dai russi che dagli ucraini, ed entrambi lo utilizzano come simbolo nazionale, persino sulle banconote. I primi lo raffigurano con la barba tipica degli zar del Cinquecento, i secondi con i baffi da cosacco.

La situazione non subisce scossoni significativi fino al Seicento, quando la ribellione dei cosacchi al dominio polacco inaugura una nuova fase di autonomia per il territorio ucraino. I cosacchi erano una comunità militare che si era sviluppata all’incirca un secolo prima, utilizzati dalla Polonia come soldati nelle proprie guerre. Con il passare del tempo, cominciano però ad avanzare pretese di autodeterminazione, e nel 1648 si verifica l’insurrezione di Bogdan Khmelnytsky, che porta ad una rivoluzione e alla costituzione di un nuovo stato, l’Etmanato cosacco (dal nome dei comandanti cosacchi, hetman). Riescono a mantenere l’autonomia per oltre un secolo ma successivamente la parte occidentale torna prima sotto il dominio della Confederazione polacco-lituana, poi, dopo la dissoluzione di quest’ultima nel 1772, passa una parte agli asburgo e l’altra all’impero zarista.
La zona orientale dell’Etmanato rimane autonoma più a lungo, sino a quando sotto il regno della zarina Caterina la Grande viene annesso all’impero russo. Durante tutto l’Ottocento l’Ucraina subisce una durissima repressione, causata dal timore che la sua cultura e la sua lingua possano minacciare l’unità dell’impero; atteggiamento che comporta numerose ribellioni e svariati tentativi di guadagnarsi l’indipendenza.

Con la rivoluzione sovietica, l’Ucraina diventa una repubblica socialista, inizialmente con larga autonomia. L’Unione Sovietica, nei piani del suo primo leader Vladimir Lenin e del suo successore Trotsky, doveva essere una federazione di repubbliche tra loro pari, perché il vero obiettivo non era l’egemonia di un paese sull’altro bensì la diffusione della rivoluzione comunista nel mondo.
I piani di Stalin cozzavano però con quelli di Trosky: il primo sosteneva infatti l’idea del socialismo in un solo paese, con lingua e cultura russa, sostituendole alle tradizioni delle singole repubbliche socialiste, tra cui l’Ucraina, rinunciando anche all’idea di esportare la rivoluzione in Europa.
Stalin, dopo aver fatto assassinare Trosky, persegue anche politiche folli di riorganizzazione agricola in Ucraina che portarono, tra il 1932 e il 1933, alla famosa carestia che uccise circa 4 milioni di persone nella sola Ucraina. Questo spiega perché quando i tedeschi invadono l’Ucraina nel 1941 molte persone li accolsero salutandoli con il pane e il sale, come dei “liberatori”. Seguono poi gli anni di ricostruzione post seconda guerra mondiale e della Guerra Fredda; periodo in cui l’Ucraina rimane sotto l’egemonia russa all’interno dell’URSS.
Stiamo pian piano arrivando ai nostri giorni. Il 24 agosto 1991 l’Ucraina proclama l’indipendenza, passando da membro della famiglia delle nazioni sovietiche a Stato sovrano e iniziando un lungo, e non privo di intoppi, cammino verso la democrazia.
I trent’anni che seguono si caratterizzano per uno strappo, mai ricucito, tra due visioni opposte: da una parte chi aspira ad una maggiore “ occidentalizzazione” e un aumento dei rapporti commerciali in particolare con l’Unione Europea; dall’altro troviamo i filo-russi e chi crede che la Russia sia il miglior alleato e partner commerciale dell’Ucraina.

Questa lacerazione culturale culmina con la “rivoluzione arancione” del 2004, quando gli ucraini protestarono per la vittoria elettorale di Viktor Yushenko, candidato filo-europeo.
Le tensioni continuano: nel 2008 i membri della NATO acconsentono alla possibilità che in un non specificato futuro l’Ucraina possa entrare a far parte dell’alleanza, dichiarazione vista di pessimo occhio dai russi; nel 2013 invece il movimento chiamato “ Euromaidan”, protesta contro del presidente filo-russo Yanukovic accusato di corruzione e di aver rifiutato un importante patto commerciale con l’Unione Europea, protesta che ha condotto nel 2014 ad un intervento delle forze di sicurezza, con morti e feriti.
Il 22 febbraio dello steso anno Yanukovich lascia l’Ucraina e fugge in Russia e al suo posto viene nominato Arseniy Yatsenyuk, presidente filo-europeo. Questo smacco non va giù a Putin che poco dopo invade militarmente la Crimea. Contestualmente, le regioni (oblast) di Luhansk e di Donetsk, nell’area orientale del Donbass, vengono prese dai ribelli filo-russi.
E’ però necessaria una precisazione: dal 1991, anno in cui la maggioranza della popolazione Ucraina votò per l’indipendenza dall’Unione Sovietica, le condizioni economiche della popolazione locale del Donbass erano tutt’altro che migliorate e serpeggiava la convinzione, o la speranza, che le cose sarebbero andate meglio se le regioni di Donetsk e Luhansk fossero tornate a far parte della Russia. Idea alimentata dal fatto che la maggior parte degli abitanti del Donbass parlano russo, hanno studiato la versione sovietica della storia e guardano la televisione russa.

In ogni modo, agli inizi del 2015 gli accordi di Minsk stabiliscono la fine dei combattimenti e il ritorno delle regioni separatiste all’Ucraina con la promessa di maggiore autonomia. I combattimenti comunque continuano, seppur in maniera sporadica, e il Donbass per tutti questi anni è rimasta una zona di guerra, con tanto di trincee e centri abitati abbandonati. Tra il 2014 e il 2015, 13mila persone, tra civili e militari, sono morte e altre hanno seguito questa sorte negli ultimi anni.
Le zone e il fronte del conflitto sono rimaste pressoché invariate fino al 24 febbraio di quest’anno, giorno in cui Putin ha annunciato un’operazione militare in Donbass, dando inizio all’invasione dell’Ucraina.

(fonte principale: Il Post)